Dallo sport, all’impresa, all’innovazione, parlare con Beppe Scotti ti restituisce un bagaglio di esperienze che quasi non ti aspetteresti di vederlo sui banchi virtuali di Digital & Entrepreneurship in Sport, ma l’attitudine di “forever learning”, lo spinge ogni anno a porsi un nuovo obiettivo sportivo e di crescita personale e professionale.
Lo spirito di squadra del rugby, il controllo mentale sulla fatica nell’endurance, il distacco e la lucidità necessarie per affrontare con successo una Adventure Race sono le competenze assorbite dallo sport che si riflettono nella vita di tutti i giorni e sul lavoro e raccontate nel suo nuovo libro Il Cercatore, la mia storia di crescita attraverso lo sport nella natura selvaggia.
Gruppo Ethos, di cui è Fondatore e CEO, è un’azienda ristorativa attiva da oltre 30 anni, la prima impresa italiana del settore food & beverage ad applicare la metodologia lean e nel 2019 ha fatto segnare un fatturato di 21 milioni di euro. Un percorso di innovazione che passa anche da un’esperienza di startup e che non si è mai interrotto, verso le sfide di un futuro dove poter cogliere le opportunità di cambiamento, anche in un contesto complicato come quello causato dalla pandemia.
La tua esperienza sportiva mette assieme il rugby, uno degli sport di squadra per eccellenza, e l’endurance, dove la prestazione individuale è totalizzante, cosa ti hanno trasmesso questi sport così diversi?
Il rugby è stata una parte importantissima della mia vita sportiva. Ho iniziato tardi, verso i 20 anni ma mi è entrato subito nelle vene. Già il fatto di avanzare passando la palla indietro è indicativo del senso di squadra. Ho giocato fino a 41 anni, fino all’ultimo giorno possibile secondo il regolamento della Federazione, con molto rammarico nel dover poi smettere. Sono rimasto un po’ disorientato all’inizio, mi sono allenato per un periodo con la mia squadra senza poi giocare, ma non avendo l’obiettivo della partita era difficile trovare gli stimoli. La mia passione per la corsa nasce in quel periodo ma casualmente. Sono andato in vacanza a Miami con un mio ex compagno di squadra, e ogni mattina andavamo a correre sul lungo mare, come nei film. Da quel giorno non ho più smesso e ho iniziato a gareggiare, ma soprattutto ho iniziato un percorso. La corsa sulle lunghe distanze mi ha fatto riacquisire il controllo del mio corpo ma, principalmente, mi ha dato un ritorno immediato nella mia attività. Se nello sport di squadra puoi sempre trovare una scusa, (l’arbitro, il compagno) nella corsa ti metti a nudo, sai benissimo dove hai mancato nella preparazione, dove hai sbagliato nella performance. A livello mentale la prestazione è proporzionale al tuo impegno.
“Se nello sport di squadra puoi sempre trovare una scusa
nella corsa ti metti a nudo, sai benissimo dove hai mancato nella preparazione,
dove hai sbagliato nella performance”
Quali sono gli insegnamenti che lo sport ti ha dato nella tua attività imprenditoriale?
Una delle scoperte per me più importanti della mia esperienza sportiva è stata la dinamica di interazione tra la mente e il corpo, capire quei meccanismi e quelle modalità per poter evitare che, ad esempio, venga assecondata la risposta del tuo fisico di mollare. In una 100 kilometri a Tuscania sono andato in crisi a metà gara, un malessere che mi imponeva di fermarmi. Ho provato a gestire la cosa applicando il famoso detto africano secondo cui un elefante si mangia un pezzo per volta – scherza –. Ho iniziato a darmi un obiettivo intermedio, fare altri 10 kilometri, e poi altri 10, fino all’ultimo tratto di gara, arrivando alla fine e correndo la seconda metà gara più veloce della prima. Succede nello sport, ma succede anche nella vita. Quando hai un obiettivo ambizioso lo devi suddividere, raggiungere lo step più vicino e poi andare avanti: è lo stesso approccio che seguo in azienda.
“Quando hai un obiettivo ambizioso lo devi suddividere,
raggiungere lo step più vicino e poi andare avanti:
è lo stesso approccio che seguo in azienda”
Hai partecipato a diverse tappe dell’Adventure World Series. Cosa ti ha restituito questa disciplina?
Dalla corsa sulle lunghe distanze, il passaggio alle Adventure Races mi ha obbligato a un allenamento “multi-sport”, bici, canoa, arrampicata, quindi a sviluppare altre capacità. E un ritorno al team, anche se un team ristretto di quattro persone, uomini e donne. Le dinamiche interne al team, come gestire una situazione di crisi in competizioni non-stop, in autosufficienza completa, dove si parte assieme e si arriva assieme, in posti selvaggi del mondo, richiedono una gestione del gruppo, con attività che vanno ben oltre il team building! Dall’endurance ma soprattutto dall’Adventure Race, ho imparato ad analizzare le cose con distacco, a tenere una curva emozionale che consenta di agire con lucidità. Sei ore da solo, tiri fuori tutti i tuoi scheletri dall’armadio, accetti le tue parti positive e le tue parti negative e questa attitudine mi porta in azienda ad avere una visione differente. Riesci a gestire lo stress e soprattutto le situazioni complesse, come ad esempio la pandemia e le sue conseguenze, scindendo la mia responsabilità verso l’azienda e verso i miei collaboratori, dalla colpa di un quadro negativo che non dipende da me.
“Dall’Adventure Race,
ho imparato ad analizzare le cose con distacco,
a tenere una curva emozionale
che consenta di agire con lucidità”
Pensi sia stato importante anche in ottica di sostenibilità, a livello imprenditoriale, lavorativo e nella vita di tutti i giorni?
La sostenibilità è nelle vene di Gruppo Ethos da tantissimi anni, a prescindere dalle Adventure Race. Siamo partiti come ristoratori assieme a mio fratello e negli anni siamo diventati produttori, approfondendo tutte le tematiche della trasformazione della materia prima. Oggi abbiamo due birrifici artigianali, una torrefazione e produciamo i prodotti per i nostri ristoranti. Dall’inizio degli anni 2000 abbiamo sposato l’approccio del biologico e dell’alimentazione corretta, creato un progetto con Legambiente Turismo sulla sostenibilità e proseguiamo su questa strada, per tutta la filiera produttiva della nostra azienda.
Hai fondato e conduci un Gruppo imprenditoriale, cosa deve guidare secondo te un imprenditore verso il successo nel mondo di oggi? C’è un consiglio in particolare che daresti a un giovane imprenditore?
Se dovessi dare un consiglio a un imprenditore direi quello di conoscere a fondo i processi a valle. Io so come funziona tutta la mia azienda, da chi gestisce i parcheggi a chi lavora in cucina, perché sono percorsi che ho fatto per qualche giorno, non si può restare solo dietro la scrivania. Essere umili ed essere affamati di conoscenza, con curiosità ed apertura mentale è poi la cosa fondamentale. L’ex Presidente degli Stati Uniti Wilson diceva: “se riesco a prendere in prestito anche per un minuto il cervello delle persone riunite a questo tavolo, ho un vantaggio competitivo enorme”, deve essere questa la filosofia, e non circondarsi da “yes man”.
“Se dovessi dare un consiglio a un imprenditore
direi quello di conoscere a fondo i processi a valle”
La tua impresa è attiva in uno dei settori maggiormente colpiti da questa pandemia, come è cambiata la sua gestione in questo periodo?
Le crisi possono diventare delle opportunità, qualsiasi situazione, anche la più negativa, ti consente di riprogrammare e cambiare in meglio. Nel rispetto della grave situazione sanitaria, di chi sta soffrendo, penso che questa crisi possa essere veramente un’occasione di grande cambiamento per il Paese. A livello imprenditoriale dipende molto dal modello di business, ma in generale bisogna sempre essere aperti e attenti a quello che sta succedendo, perché il cambiamento oggi è velocissimo. Bisogna essere predisposti per guardare all’esterno, per andare oltre quello che si è sempre fatto a livello aziendale. Essere resilienti ma non solo per resistere, mostrando proattività, approfondendo, confrontandosi con tutti ed accogliendo i suggerimenti, in primis dai dipendenti, ascoltando con umiltà.
“Le crisi possono diventare delle opportunità,
qualsiasi situazione,
anche la più negativa,
ti consente di riprogrammare e cambiare in meglio”
Le nuove tecnologie e il digitale sono sempre più centrali nella nostra vita quotidiana e lo saranno sempre di più per la ripartenza. Qual è il tuo rapporto e del Gruppo Ethos con la tecnologia?
Come Gruppo Ethos abbiamo sempre seguito una politica di innovazione, per cui abbiamo digitalizzato da subito l’azienda, con una piattaforma da noi ingegnerizzata attraverso cui ciascun locale agisce al suo interno per qualsiasi richiesta, dalla manutenzione, ai clienti, ai fornitori, ai vari uffici e punti vendita. Questa piattaforma viene utilizzata anche a livello amministrativo e burocratico, registrando tutte le check-list, tutte le autorizzazioni, i protocolli. Qualsiasi persona del Gruppo può trovare tutto sulla piattaforma, dalla documentazione ai processi, al food cost, al labor cost e ai Kpi di ogni locale. A livello operativo, abbiamo creato una piattaforma che si chiama “Ordina Facile”. Ogni locale può ordinare via tablet solo quello che viene indicato, senza possibilità di errore in quanto settato in base ai livelli medi di consumo o agli accordi con i fornitori. Tutti i canali di comunicazione passano dalla piattaforma, che poi utilizziamo anche per la formazione. Un neoassunto deve fare un percorso di formazione digitale che trova al suo interno, dalle skills di prodotto a quelle comportamentali, alle soft skills, con aggiornamenti continui. Inoltre, utilizziamo un gestionale per il front-end e un’app che consente al cliente di ordinare via smartphone, cose ormai anche banali al giorno d’oggi. Il grande lavoro è stato proprio portare tutto il back-office in digitale. Il progresso, la digitalizzazione oggi è come l’acqua che scorre, non puoi fermare la sua corsa, entra dappertutto, puoi solo adattarti il meglio possibile al cambiamento di percorso, senza barricarti per arrestarlo. Quando abbiamo applicato la lean nel 2009 ci sono state due reazioni internamente: c’è chi è cambiato e ora è responsabile di divisione, e c’è chi ha cambiato azienda.
“La digitalizzazione oggi è come l’acqua che scorre,
non puoi fermare la sua corsa,
entra dappertutto,
puoi solo adattarti il meglio possibile al cambiamento di percorso,
senza barricarti per arrestarlo”
Perché hai scelto di partecipare a Digital & Entrepreneurship in Sports e quali sono le tue aspettative?
Fa parte del mio approccio conoscere cose nuove, entrare in mondi che non conosco a fondo. Quando ho iniziato a fare l’agricoltore ho fatto due master, sulla gestione dell’impresa agricola e sulla gestione dell’impresa vitivinicola. Ogni anno, ragionando sempre in ottica lean, mi metto degli obiettivi di miglioramento, sia sportivi che personali e professionali. Partecipare al Programma è molto interessante, anche perché diversi anni fa ho fatto startup, per cui l’oggetto del corso, che mette assieme sport e startup mi ha colpito subito. Nel ’99 avevamo costituito una società in ambito food, si chiamava delizie.it, per la vendita online di prodotti specialistici. È stata un’esperienza che univa il mio know-how di ristoratore e quello di altri soci che avevano attività di grossista e, sull’onda delle Dot-com, abbiamo lanciato questa attività un po’ nel deserto, dove non c’era nessuna filiera per il packaging o la logistica. Abbiamo poi chiuso l’azienda nel 2003, ma questo seme c’era già. Questa esperienza mi è però servita, perché se sei il primo, puoi tracciare il sentiero, ma se attorno a te c’è il deserto, qualche domanda te la devi fare, delle volte sei troppo avanti. Questa attitudine nel portare innovazione è quella che mi ha fatto scegliere di partecipare al Programma, assieme al legame con lo sport: portare l’esperienza da sportivo in azienda è qualcosa che personalmente ho fatto. Il corso mi sta consentendo di approfondire tematiche che conoscevo ma che, analizzate in un contesto di innovazione, mi stanno dando nuovi spunti interessanti.
“Ogni anno, ragionando sempre in ottica lean,
mi metto degli obiettivi di miglioramento,
sia sportivi che personali e professionali”