Il team è l’elemento chiave per il successo di qualsiasi realtà imprenditoriale. Quando parliamo di startup, imprese che per loro natura perseguono una crescita esponenziale, le dinamiche di ampliamento della squadra giocano un ruolo fondamentale, sia dal lato della ricerca di professionisti con le giuste competenze tecniche e verticali, che per la capacità dei founder di delegare, creare la giusta cultura, generare fiducia e tirare fuori il massimo.
Nei primi passi di una startup, sono i founder a prendere le decisioni, spesso facendosi carico anche di tutta l’execution, con il relativo, elevato, impegno emotivo e fisico. Nel momento in cui si hanno le risorse per ampliare il team è necessario saper scegliere quali figure professionali assumere e con che modalità contrattuali, quali ruoli potenziare, quali mansioni delegare e, soprattutto, come trasferire in maniera efficace la visione e la missione aziendale.
Un percorso articolato e spesso caratterizzato dal “learning by doing”. È il caso di Fitprime, startup leader nel mercato italiano del wellbeing, che anno su anno ha realizzato una crescita costante a 360 gradi, raddoppiando il fatturato e allargando il team fino a 70 dipendenti. Come si guida questo processo di allargamento della compagine aziendale? Tenendo fermi gli obiettivi e i valori fondanti, come può confermare Matteo Musa, Ceo e Co-founder di Fitprime.
1. Come avete scelto le prime persone da assumere, quali sono stati i ruoli e le soft skills che avete individuato nelle persone assunte subito dopo il nucleo di founders?
Noi siamo partiti in 4 persone, coprendo tutte le necessità iniziali: Gianluca Mozzillo, oggi CTO, curava tutta la parte tech, Damiano Rossi si occupava dell’onboarding dei centri sportivi, Laura Carpintieri della parte di design e marketing ed io mi occupavo di tutta la parte gestionale. Quando abbiamo deciso di allargare il team, le prime scelte hanno seguito una duplice strategia.
In ruoli dove le hard skills sono fondamentali e internamente non le avevamo, abbiamo optato per scegliere profili di grande livello con un percorso di consulenza (non potevamo considerare un’assunzione). È stato il caso di Matteo Aliotta (Head of Growth LTV, ndr) nel campo del digital marketing. Per noi era errato affidarci ad una figura interna assunta, perché ci saremmo dovuti accontentare di persone con un’esperienza professionale media, non adeguata alle nostre esigenze di crescita e performance. Questo rapporto di consulenza ci ha permesso di lavorare con un professionista che ha gettato le basi per lo sviluppo futuro. Ovviamente, il consulente deve avere la giusta attitudine al lavoro in una startup. Servono anche soft skills particolari quali l’adattabilità, la voglia di mettersi in gioco e l’operatività. È importante trasmettere al consulente che, lavorare con una startup, significa “sporcarsi le mani”. Questa attitudine va sempre ricercata. Questa prassi, scegliere dei consulenti esterni di alto profilo per le prime figure tecniche fondamentali, è stata una scelta che abbiamo preso anche contro pareri molto discordanti.
In ruoli dove il nostro know-how era forte abbiamo guardato alle soft skills, abbiamo assunto le prime persone full-time nell’area assistenza clienti e per la gestione dei social. Qui, in prima battuta, abbiamo ricercato persone che avevano quasi zero esperienza, ma avevano la voglia di mettersi in gioco, flessibilità e adattabilità e tantissima voglia di apprendere. Tali abilità sono importanti, perché permettono alla persona di riuscire a gestire lo stress e un certo grado di destrutturazione della startup. Inoltre, abbiamo cercato di attrarre persone che volessero partecipare attivamente alla costruzione di un’avventura, che vedessero in Fitprime quell’opportunità. Ad oggi, quest’attitudine, persone che si sentono imprenditori di sé stessi, la cerco anche per i livelli più alti di seniority. Gestire le persone è un’attività estremamente importante e spesso quando si inizia a fare startup si pensa di saper fare tutto. Ma coordinare le persone è un’altra storia. Prima i founder lo hanno chiaro in mente e lavorano nel migliorare in questo ambito, maggiori saranno i benefici sull’azienda sul lungo termine.
2.Il team di Fitprime è raddoppiato annualmente. Come avete gestito questa crescita e il cambiamento continuo?
Con dei volumi aziendali che raddoppiano annualmente, ho constatato l’importanza di condividere queste previsioni di crescita in fase di assunzione, per permettere alle persone di essere pronte al cambiamento.
Generalmente facciamo precedere all’assunzione della persona una fase di “rodaggio” reciproco, tramite consulenza esterna o contratti snelli, per focalizzare bene il livello di competenza necessario all’azienda in quel momento.
Ho sperimentato diverse tipologie di contrattualistica, perché assumere significa impattare sulla vita delle persone. Pertanto, nel momento dell’assunzione, visti i ritmi di crescita, per me è fondamentale fornire alle persone strumenti di consapevolezza tali, da poter permettere loro di curare la crescita professionale, cosicché saranno pronti ad affrontare lo step successivo.Al nostro management team ribadisco spesso questa necessità: le competenze – l’expertise – che abbiamo noi oggi, non è detto che siano quelle che serviranno domani, proprio perché Fitprime è un’azienda che raddoppia i volumi continuamente.
💡Il consiglio del CEO: Se la tua azienda moltiplica il volume di affari costantemente, quando assumi nuove persone è meglio inquadrarle in modo tale che possano avere una possibilità di crescita professionale. Se questa crescita riesce a seguire quella dell’azienda, le prospettive future e l’innovazione, quando si raggiungeranno le milestone, sarà più facile agevolare l’avanzamento di carriera della risorsa. Nel caso contrario, potranno essere inserite risorse con le competenze del caso, senza danneggiare il team.
3.Come si fa a mantenere una comunicazione diretta quando il team cresce e quali modalità applicate per far sentire tutti partecipi di quello che sta accadendo?
All’inizio fino a 30/35 dipendenti è stato estremamente facile, in quanto cercavo di investire il mio tempo a parlare e condividere con tutti le attività quotidiane. Anche l’ufficio, che all’epoca era uno solo, agevolava questo rapporto. Ci limitavamo a fare due eventi all’anno di allineamento generale: uno alla chiusura del primo semestre, dove condividevamo l’andamento annuale e uno alla chiusura del secondo, nel periodo natalizio, per la chiusura dell’anno.
Intorno ai 50 dipendenti sono iniziati a sorgere le prime necessità di strutturazione della comunicazione interna.
Ho realizzato che all’interno dell’azienda, non tutti erano aggiornati, perché si era perso il filo diretto con tutti. Quindi abbiamo iniziato a fare degli allineamenti trimestrali: il primo online, il secondo dal vivo (un’intera giornata di allineamento), il terzo online e il quarto di nuovo un’intera giornata insieme in presenza.
Dai 50 ai 70 dipendenti abbiamo avuto la necessità di inserire un HR Manager, il quale investe buona parte del suo tempo nella comunicazione interna, implementando le attività e i processi per gli incontri trimestrali dal vivo:
-Un’email informativa prima dell’incontro per dare modo alle persone di prepararsi delle domande se le hanno;
-Un format standardizzato di presentazione dei risultati del trimestre, partendo dai numeri generali fino ad analizzare il fatturato dell’azienda;
-Una presentazione di ricapitolazione post evento, tramite e-mail, gestita dall’HR Manager.
Mensilmente c’è una newsletter, gestita dall’HR Manager e collegata ad un canale Slack dell’azienda. Qui veicoliamo le novità aziendali, sulla base delle informazioni ricevute dai form compilati da ogni team leader, sugli avvenimenti più importanti del mese all’interno dei loro team e in quell’area dell’azienda.
Inoltre, abbiamo creato un format che si chiama “Ask me anything” per chiedere al CEO qualsiasi cosa anonimamente, a cadenza trimestrale. Ogni domanda mi viene posta dall’HR manager, durante una call di un’ora circa per rispondere ad ogni richiesta, che può provenire da persone ad ogni livello dell’azienda.
Questo a livello aziendale.
A livello personale, ho dovuto cambiare tantissimo il modo in cui mi relaziono con il team. Ad oggi il mio ruolo principale è di trasmettere continuamente al management team la direzione dell’azienda, i numeri, la vision e i prodotti con l’obiettivo che i manager, a loro volta, a cascata, diffondano le informazioni al team.
Se mi rendo conto che qualcuno che è una seconda linea non è allineato su una cosa, mi faccio carico di riportarlo alla prima linea. Sono attento a queste dinamiche, perché so che dal management team deve passare internamente tutto quello che accade all’azienda.
4.Gli OKR (Objectives and Key Results) sono un quadro di riferimento popolare per la definizione degli obiettivi aziendali e per monitorare i loro progressi. In Fitprime come vengono definiti e implementati?
Il management team usa da un anno gli OKR e ad oggi il 60% dell’azienda li segue. Siamo partiti dal management team e lo stiamo diffondendo a mano a mano. Alla fine di ogni trimestre trascorro una giornata intera con ogni team leader a discutere il loro andamento e decidere i loro individuali OKR per i prossimi tre mesi. Gli obiettivi successivamente vengono caricati all’interno di un tool per permettere a tutto il management team di vederne costantemente l’andamento.
Per la gestione degli OKR c’è un responsabile interno, l’Executive Manager, che mi aiuta a delegare ed incontra ogni prima linea in delle riunioni bisettimanali, i cui esiti mi vengono riportati in un solo incontro.
5.In fase di allargamento del team, come si crea il contesto per delegare le mansioni?
Sul discorso della delega si potrebbe discuterne per ore (ride), perché quando si delega troppo le aziende falliscono, quando non si delega le aziende falliscono ugualmente. Quindi, secondo me, si deve trovare un giusto equilibrio, cosa certamente non facile.
In questi mesi di crescita repentina, ho introdotto nell’azienda la figura dell’Executive Manager, che ha iniziato come Project Manager, per permettermi di non entrare più nel micro-management. A lei delego quelle cose che ad oggi in azienda sono consolidate, che sono diventate una prassi ed hanno bisogno di un monitoraggio costante sui KPIs, come ad esempio la contrattualistica dei centri sportivi.
Mentre in aree strategiche ovvero Marketing e Commerciale, per la fase dell’azienda dove ci troviamo noi oggi, io entro in qualsiasi task, anche micro, perché sono sicuro che quei reparti saranno il driver di crescita di Fitprime, quindi voglio essere dentro dal principio, dando degli spunti. Lì l’Executive Manager, mi supporta, nel tirare le fila e nell’esecuzione di progetti interni, perché io non potrei seguirli nel giusto modo.
Quindi per attività super consolidate delego, quasi al 100%. Per gli aspetti non consolidati e strategici entro anche nel micro-task. Questo mi sento di darlo come consiglio sempre.
Io sono convinto, che ci sono alcuni aspetti a fare la differenza nel processo commerciale. Io, come azienda, potrei prendere anche il direttore commerciale più bravo del mondo, ma ha bisogno di una curva di apprendimento di un certo tipo, per entrare nelle dinamiche peculiari dell’azienda. Pertanto, se un aspetto è veramente strategico, io amministratore delegato di startup, sono il primo a “sporcarmi le mani” conducendo call commerciali anche con aziende da dieci dipendenti. Questo perché, se ad oggi il mio focus è condurre attività di inside sales e chiudere al telefono con aziende piccole, tale processo lo voglio fare anche io per capirne meglio le dinamiche.
6.Il tema del Micro-Tasking è un tema fondamentale. Se tu dovessi raccontare la tua settimana, la tua organizzazione è ancora molto dentro al prodotto di Fitprime?
Ad oggi più che sul prodotto Fitprime, la mia settimana è sui processi commerciali, in quanto a livello di prodotto, non entro più su niente o quasi, tranne che sul lancio dei nuovi prodotti, perché su quelli che abbiamo, mi fido tantissimo del team.
Sulla parte commerciale entro quasi in tutto. Il mio 50/60% del tempo totale è dedicato all’aspetto commerciale di Fitprime. Non è sviluppo commerciale di attività diretta, ma specialmente strategia di vendita. Chiudo anche i deal, ma o deal strategici molto grandi oppure deal, ad oggi, estremamente piccoli, perché è lì che devo capire come gira il business, perché è lì che vogliamo scalare. Quindi svolgo più che volentieri una chiamata con l’azienda di 60/70 dipendenti, che non quella da 1000, in questo momento. Poi ovviamente quelle con 10 000 dipendenti, le voglio fare tutte io, insieme al direttore commerciale.
7.Cosa pensate della modalità di lavoro ibrida o full remote? Pensate che sia di ostacolo o favorevole per far crescere il progetto imprenditoriale?
Noi lavoriamo 3 giorni in presenza e 2 da remoto, dando completa disponibilità nella scelta dei giorni alle persone, tramite un tool di una piccola startup: BeValue. Io sui tre giorni a settimana in presenza sono abbastanza perentorio: chiedo al mio HR dei report mensili, per vedere la reale presenza in azienda perché credo che la condivisione vis-a-vis aiuti tantissimo ed è anche un tema di responsabilità, nei confronti dell’azienda e dei propri colleghi.
Io credo nel remote working, perché aiuta le persone ad avere un maggiore work-life balance. Io non credo nel full-remote, perché reputo che la condivisione in presenza abbia un valore in più.
Responsabilità dell’azienda è di rendere il posto di lavoro un posto piacevole, costruendo l’ufficio su misura. La persona deve avere piacere a stare in ufficio, altrimenti da casa si è più produttivi. Nella modalità full-remote assumiamo solo gli sviluppatori. Tuttavia, noi abbiamo 11 sviluppatori e solo 2 di loro sono in full-remote.
8.Domanda sul benessere: voi lavorate su questo con le aziende. Come lo fate vivere in azienda?
Noi estendiamo i nostri benefit in maniera aperta a tutti i dipendenti: sono seguiti tutti i mesi da un biologo nutrizionista, con una dieta dedicata e video consulto, con accesso gratuito al network di centri sportivi e all’allenamento online, e al supporto psicologico gratuito, in fase di implementazione.
Poi abbiamo predisposto accesso a cibo healthy in ufficio per chi vuole, da ordinare tramite app, per avere il pranzo pronto. Per questo servizio abbiamo scelto la startup romana MioMeel.
Il vero benessere passa attraverso il clima che cerchiamo di costruire in azienda.
A Fitprime non c’è una catena accentratrice, ma trasparenza dei numeri, condivisione continua. Non siamo fiscali sugli orari di entrata e uscita, ma lavoriamo su risultati, per questo abbiamo un bassissimo tasso di turnover in azienda, perché stiamo creando un ambiente positivo.
Per noi è molto sentita la cultura dell’errore. Io dico sempre, che se una volta si sbaglia non succede niente, due non succede niente, alla terza ne parliamo. Questo approccio secondo me crea il vero benessere in azienda.
Quindi il benessere passa per la capacità di creare una cultura aziendale positiva, che favorisca la condivisione, la cultura dell’errore ed altri aspetti del management su cui le aziende devono investire tanto. Noi ad oggi investiamo in dei corsi per il management team, di leadership gentile. Su questi aspetti siamo molto attenti.